Questo il nome del progetto che ha portato in Nuova Zelanda 10 studenti italiani, 2 per ognuna delle scuole coinvolte. Oltre al nostro istituto, hanno partecipato il Liceo ‘Daniele Crespi’ di Busto Arsizio, l’Istituto Tecnico ‘Eugenio Bona’ di Biella, il Liceo ‘Giacomo Leopardi’ di Macerata e soprattutto la scuola capofila, il Convitto Nazionale ‘Paolo Diacono’ di Cividale del Friuli cui si deve la straordinaria organizzazione dell’esperienza formativa offerta ai partecipanti.
La presenza del nostro istituto è stata favorita dall’impegno profuso in questi anni nelle esperienze di mobilità internazionale per studenti e docenti, ma ha trovato il suo volano nel programma Educational del Ministero dell’Istruzione di EXPO DUBAI 2020 in cui il nostro istituto ha avuto un ruolo di primo piano.
Grazie all’impegno della nostra dirigente, coadiuvata dalle prof.sse Rosanna Russo e Camilla Spada, due alunni del Liceo Classico, Sara Ventrella della classe 5^E e Matteo Braia della classe 5^D, scortati dalla prof.ssa Agnese Dell’Acqua, sono dunque partiti alla volta di Wellington il giorno 26 agosto, per tornare in Italia il giorno 8 settembre, alla fine di un’esperienza decisamente ‘life changing’.
L’intero progetto nasce da una collaborazione fra il Convitto diretto dalla prof.ssa Alberta Pettoello e il Ministero dell’Istruzione, in un programma chiamato “DEP – Digital Exchange Program” che ha promosso, tra il 2018 and 2022, un ampio range di educational workshop-events per alunni e studenti di tutto il mondo, con l’utilizzo della metodologia Challenge Based Learning (CBL), capace di coinvolgere ed entusiasmare discenti e docenti grazie alla proposta di soluzioni innovative.
L’obiettivo finale è quello di generare passione e interesse per le problematiche connesse alla sostenibilità, alla pace, alla cooperazione secondo i Goals dell’Agenda 2030.
Oggi il tema della salvaguardia ambientale ha raggiunto finalmente livelli di attenzione e consapevolezza globali, ma la Nuova Zelanda, con il suo patrimonio naturale di incantevole varietà in cui l’uomo ha saputo inserirsi senza violenza, ha fatto davvero un passo avanti: nel 2017 il fiume Whanganui, protagonista assoluto della vita di questo distretto, ha ottenuto una ‘legal personhood’ che lo rende di fatto titolare di diritti civili come un essere umano.
Il viaggio dei nostri alunni è iniziato con la visita all’ambasciata italiana a Wellington: di fatto, la prima apertura internazionale di questo dipartimento dopo il lunghissimo lockdown imposto in Nuova Zelanda. Docenti e alunni sono stati ospiti a pranzo presso la casa dell’ambasciatore a Wellington: lo stile informale tipico della cultura neozelandese ha subito messo tutti a proprio agio, generando domande a raffica e tanta curiosità cui lo staff e l’ambasciatore stesso hanno risposto con divertimento e piacere.
L’esperienza è poi proseguita con la discesa in canoa del fiume Whanganui e l’incontro con la locale comunità Maori, momento che ha saputo cementare la squadra, che ha imparato, in un ambiente naturale forte e immersivo, cosa significa avere fiducia l’uno nell’altro e lavorare verso un obiettivo comune.
Nei giorni seguenti, in abiti decisamente più formali, gli stessi ragazzi delle 5 scuole italiane e di tre High School locali si sono seduti intorno a 5 tavoli che corrispondono ad altrettanti fiumi italiani.
I nostri alunni Sara Ventrella e Matteo Braia hanno così fatto conoscere il fiume Sinni alla loro squadra: Basilicata, Nuova Zelanda e cultura Maori insieme per vincere la sfida proposta dall’hackathon, davvero emozionante per questa edizione del DEP-New Zealand.
Uno dei 5 fiumi italiani portati dalla delegazione italiana e il fiume neozelandese Whanganui decidono di scrivere una lettera agli uomini: i ragazzi di 5 squadre miste, italiane, neozelandesi e Maori, si sfidano in una tre giorni (dal 30 agosto al 1 settembre) per avanzare la proposta più efficace, più comunicativa, più creativa o più inclusiva. Il team 5, formato dai nostri alunni, Sara Ventrella e Matteo Braia, e dagli studenti di altre tre scuole Neozelandesi, una delle quali a forte presenza maori, ha vinto il premio per la migliore presentazione: in 3 lingue diverse, italiano, inglese e maori, ma portando la stessa richiesta, i fiumi Sinni e il Whanganui chiedono insieme di essere riconosciuti come persone titolari di diritti giuridici.
I ‘due fratelli’ esondano, piangono le loro lacrime, solo perché non hanno altre parole per esprimere il proprio dolore.
Conclusa l’esperienza di lavoro a Whanganui, il giorno 2 settembre la delegazione italiana si muove alla volta dei parchi nazionali di Roturua e Tongariro: la seconda parte del progetto riguarda infatti il MAB, un laboratorio didattico-innovativo di mappatura collettiva e partecipata di un luogo (o di un insieme di luoghi) che integra i dati percettivi con le conoscenze culturali e geografiche di un territorio. Gli studenti dovranno quindi raccogliere e integrare dati sensoriali, tipografici ed emotivi e produrre una lettura partecipata del territorio.
Montagne, vulcani, l’acqua di fiumi e cascate, una natura rorida e lussureggiante accompagnano il gruppo verso questa nuova importante esperienza formativa: la restituzione di quanto appreso e raccolto avverrà online e le 5 scuole italiane torneranno a collaborare per arricchire anche il patrimonio di esperienze delle rispettive scuole, mettendo a frutto la metodologia MAB.
Si impara infatti a far silenzio quando la Natura parla: al Waimangu Volcanic Valley, visitata il giorno 4 settembre, acqua fuoco terra aria dialogano incessantemente.
La caldera di Rotorua è uno dei numerosi vulcani che popolano la zona vulcanica di Taupō, nell’isola del Nord.
Getti di vapore, esalazioni sulfuree, sprazzi di sole e nuvole birichine hanno reso la passeggiata dei 10 studenti italiani un’esperienza totale: il silenzio, lo sguardo aperto, il respiro intenso al ritmo del vento aprono sensi e cuore. E la mappa del MAB si riempie di nuovi tasselli.
Il giorno dopo il ventre della Terra si svela e la delegazione italiana si avventura nelle Waitomo Glowworm Caves, caverne esplorate per la prima volta nel 1887 da un capo Maori locale, Tane Tinorau, e da un geometra inglese, Fred Mace.
Camminando al buio, la strada illuminata da infinite stelle – in realtà insetti bio-luminescenti- i nostri ragazzi hanno preso appunti su carta e nel cuore per aggiungere un altro tassello al MAB che porteranno in Italia come ultimo frutto di questa avventura.
I giorni 5 e 6 settembre sono dedicato alla città di Auckland: una metropoli, se confrontata alle piccole realtà conosciute in Nuova Zelanda finora, una città vivace che comunica incessantemente con le isole che la circondano, nella splendida baia che si affaccia sull’oceano Pacifico.
Dall’isolotto di Devonport ancora mille idee per la costruzione del nostro Mapping Lab mentre ormai la partenza si avvicina.
Il viaggio di andata e ritorno per la Nuova Zelanda è lungo, anche in aereo: la consapevolezza di essere stati ‘dall’altra parte del mondo’ investe profondamente gli studenti, come anche la gratitudine per quello che la scuola italiana – tanto spesso criticata- ha loro offerto: conoscenza profonda di un territorio nuovo, possibilità di collaborare con studenti coetanei vicinissimi per età e interessi ma lontanissimi geograficamente, un’esperienza formativa intensa in luogo che ha lasciato in tutti, alunni e docenti, un solco emotivo profondo.
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