Intercultura: Davide Olivieri in Brasile

Cronaca di una esperienza

Dopo 15 ore di volo che sotto alcuni aspetti sono passate in fretta, mi trovo finalmente qui in Brasile.
Sono ancora sotto ‘shock’. Uno ‘shock’ stupendo. Questo anno di preparazione è volato e da un momento all’altro sono ad oltre 9000km da casa. E’ una sensazione stranissima che non si riesce a spiegare, credo che si possa comprendere solo vivendola. Durante le settimane precedenti alla partenza ho avuto vari contatti con la mia famiglia ospitante e svariate volte ho immaginato come sarebbe stato il primo incontro. Ero felicissimo e stranamente tranquillo perchè avevo la sensazione di esser capitato in una famiglia bellissima. Ed è stato proprio così. L’accoglienza in aeroporto a Natal è stata stupenda: mio padre, mia madre e mio fratello ospitante erano lì ad aspettarmi pieni di gioia e di allegria, classico stile brasiliano che amo follemente.
C’è una differenza abissale tra l’immaginare di vivere in un ambiente completamente diverso, con persone diverse, cultura diversa e soprattutto lingua diversa e provarlo sulla propria pelle per davvero. Il primo approccio è stato un po’ difficile, è vero. La stanchezza, la tensione e la consapevolezza di essere arrivati finalmente, rendevano le prime parole che abbozzavo in portoghese ancora più strane da comprendere. I miei occhi oltre ad essere pieni di sonno erano anche pieni di gioia. Gioia per aver realizzato un sogno che fino a poco tempo fa non mi sarei neanche immaginato di poter realizzare. Gioia per avere la possibilità di vivere una nuova vita. Nuova scuola, nuova famiglia, nuovi amici. E’ una cosa che mi rende terribilmente fragile ma allo stesso tempo felice di essere qui. Il primo giorno, quel 5 Agosto del 2016 che probabilmente non dimenticherò mai, è passato al meglio. Cercavo di costruire qualche frase semplice, preferibilmente di senso compiuto, togliendo quel velo di imbarazzo che avvolgeva il clima familiare. Nel tragitto tra l’aeroporto e casa mille pensieri mi passavano per la testa ed è stato strano vedere che in alcune zone, qui, l’asfalto non esiste. Potrà sembrare una piccolezza, una cosa di poco conto, ma per chi fino a poche ore prima era abituato ad una vita in un ambiente urbano al 100% è un’immagine che difficilmente si dimentica. Nonostante i problemi con la lingua, anche il secondo giorno l’ho trascorso bene conoscendo i miei nonni ospitanti, i miei zii, i miei cugini e soprattutto la mia nuova cuginetta Marina. E’ stupenda. Naturalmente già comprendere un portoghese parlato dagli adulti è difficile, figuriamoci quello di una bambina di quasi 5 anni, ma in ogni modo è stato bellissimo passare per la prima volta del tempo con lei. E cosa più importante di tutte, mi sono sentito parte della mia nuova famiglia. Il terzo giorno, con mia madre e mio fratello, siamo andati al mare. Ho per la prima volta visitato una spiaggia brasiliana, la Praia di Cotovelo, cosa che forse aspettavo di più. Guardando il mare, la spiaggia, il popolo brasiliano, mi sono sentito davvero libero e in pace con me stesso. Bere acqua di cocco, giocare a calcio in riva al mare e prendere un sole tropicale è stato fantastico. Ho provato anche il Pastello, simile ad un panzerotto fritto. La cucina, qui in Brasile, è sotto certi aspetti simile a quella italiana. Si mangia pollo, legumi, carne e riso. Una cosa che sto ancora facendo fatica a metabolizzare è che qui si beve succo di ogni tipo di frutta tropicale sia a pranzo che a cena. Penso che i brasiliani amino molto accostare il dolce al salato, cosa nuova per me. Tornando al terzo giorno, ho assistito alla partita di calcio dell’ABC, squadra locale che milita nella terza serie brasiliana ed è stata una emozione unica. Qui il calcio è molto più sentito che in Italia. Qui si vive di e per il calcio. La squadra è supportata con il cuore da tutti: bambini, donne e uomini di tutte le età che con un tifo molto caloroso incoraggiano i giocatori fino alla fine. Il giorno successivo, lunedì 8 agosto con gli altri exchange students, accompagnati dai volontari del centro locale e dal presidente Victor abbiamo fatto un tour per quella che sarebbe stata la mia scuola, la IFRN. Una scuola pubblica, tra le migliori nella zona, che ospita circa 5000 studenti con lezioni durante tutto il giorno, attività teatrali, artistiche e con strutture sportive davvero belle. Dopo una piccola presentazione dell’isituto da parte di alcuni dirigenti, è toccato a noi ragazzi di intercultura presentarci. Nonostante fossi in Brasile solo da pochi giorni, ho cercato di raccontare un po’ di me in portoghese, con frasi semplici e la cosa è piaciuta a molti. Ero felicissimo, finalmente a piccoli passi iniziavo a sentirmi meno straniero e più brasiliano. Il primo giorno di scuola, martedì 9, è stato davvero fantastico. Dopo qualche minuto perso per destreggiarmi nell’ampio ambiente scolastico, accompagnato dal presidente del centro locale sono arrivato in classe. Il primo impatto è stato forte: vedere 40 ragazzi nella stessa aula, per chi abituato a vederne 20, è un po’ strano. Mi sono sentito orgoglioso di tutto il percorso che ho fatto per arrivare fino a qui, quando tutti i miei compagni in coro hanno gridato “Olà Davide!”. Nonostante la mia timidezza, alcuni compagni si sono avvicinati a me ed abbiamo iniziato a parlare. Avere tutte quelle attenzioni da parte dei ragazzi che cercano di conoscerti, di sapere qualcosa su di te e, cosa più importante, cercano di farti sentire già un nuovo compagno di classe tranquillizzandoti provando a comprendere quel poco di portoghese che riesci a parlare, mi hanno aiutato davvero. Solo adesso comprendo quanto possa essere difficile, ma allo stesso tempo stupenda, la vita da exchange. Una delle tante cose che Intercultura ti fa apprezzare di più è il valore dell’amicizia. Della vera amicizia. E per vera amicizia, ancor prima dei rapporti che si possano costruire nell’arco del programma con i ragazzi brasiliani, intendo il grande legame che stringe tutti gli exchangers. A Natal, con me, ci sono altri 7 ragazzi provenienti da tutto il mondo con cui fin dai primi momenti mi sono trovato benissimo. Chi più di loro, d’altronde, che vivono la mia stessa situazione e provano le mie stesse emozioni, può capirmi? In ogni momento di difficoltà ci facciamo forza l’un l’altro ed è proprio per questo che parlo di vera amicizia. Sono ancora le prime settimane, è vero, c’è ancora un mondo da scoprire dietro il Brasile, ma mi sento già sotto alcuni punti di vista più maturo e responsabile. Intercultura fa crescere, imparare e soprattutto sognare.

Davide Olivieri, exchange student Brasile 2016/2017


Ottobre 2016

Come ogni fine mese, è arrivato il momento di fermarmi a riflettere e fare un po’ il resoconto di tutto ciò che è accaduto durante questi trenta giorni. Amo le situazioni in cui, per un momento, faccio finta che nulla ci sia intorno a me e chiudo gli occhi, ripensando al “Davide” prima della partenza. Il sorriso spunta quasi involontariamente: mi sento cambiato. Non lo nego, saranno passati solo 3 mesi, ma noto in me qualcosa di diverso. Il modo di relazionarmi, di aiutare qualcuno, di dare consigli e soprattutto di prendere decisioni, giuste o sbagliate che siano, con la MIA testa. Crescere non vuol dire non commettere errori. Crescere, a mio parere, è sbagliare guardando l’errore con altri occhi. Crescere è prendersi le proprie responsabilità in ogni occasione. Con Intercultura sto crescendo più di quanto mi aspettassi.

Dopo questa piccola riflessione che volevo condividere, parto con il raccontare tutto ciò che è successo in questo mese pieno di attività, gioie e naturalmente anche dolori. Il 7 Ottobre, con mio fratello ed i miei zii, ho assistito per la prima volta in vita mia alla partita della Seleçao Brasiliana, contro la Bolivia. Non potete capire quanto mi sentivo fortunato: il Brasile non giocava a Natal, la mia città, da 34 anni! Fuori dallo stadio c’erano migliaia di ‘puntini’ gialli che cantavano, ballavano e bevevano sorridenti in attesa della partita. Io, invece, ero tesissimo. A momenti sembrava quasi che dovessi scendere in campo. Quella partita, per me, non era una semplice partita. Quel match rappresentava molto, molto di più. Per la prima volta nella mia vita avevo la possibilità di vedere campioni come Neymar, Coutinho, Casemiro, Daniel Alves, che hanno coltivato un sogno fin da piccoli e ce l’hanno fatta. Per un momento son tornato bambino, ripensando a quel sogno (che ancora oggi una parte di me ambisce) di diventare calciatore. La partita si è conclusa con un ampio 5-0 a favore del Brasile: insomma, non potevo chiedere di meglio.

Un’altra giornata da ricordare è stata quella in cui mi sono trasformato in pizzaiolo. Si, un pizzaiolo che faceva le pizze paradossalmente per la prima volta in vita sua e per di più in Brasile! Finalmente mi ero deciso a portare un po’ di cultura Italiana qui. Non posso sorvolare il fatto che tutto il procedimento, dall’impastare fino al mettere le pizze in forno l’ho passato con il fiato sospeso. Ero ansioso di portare qualcosa di italiano qui, ma allo stesso tempo avevo paura che qualcosa andasse storto, perché a cena sarebbero venuti anche i miei zii con la mia cuginetta ed i miei nonni. Così, dopo una breve consultazione sull’asse mamma-nonna italiana tramite WhatsApp, le quali mi hanno detto per filo e per segno tutto il procedimento (dato che, come ho detto prima, era la prima volta), mi sono sentito più tranquillo e sicuro di me. Impastare due kg di massa è stata una faticaccia eh, ma mi son goduto ogni secondo di quei momenti, perché riportavano in mente quando con mia madre e mia nonna facevo la pasta fatta in casa oppure la focaccia. Insomma, un mix tra nostalgia e soddisfazione. La fase più critica, a parer mio, è stata quella della lievitazione: ormai dovevo solo affidarmi al lievito e al Signore, chiedendo di farmela passare liscia… e così è stato. Da lì in poi, è stato tutto relativamente più semplice. Con la mia famiglia brasiliana ho steso la massa, posto le pizze nelle forme ed iniziato a mettere gli ingredienti su di esse. AVVISO AI LETTORI ITALIANI: NON MI ASSUMO LA RESPONSABILITA’ DI EVENTUALI ATTACCHI DI CUORE DOVUTI ALLE PROSSIME RIGHE CHE SCRIVERO’. Infatti, da buoni brasiliani che sono, i miei familiari hanno deciso di trasformare la classica pizza Italiana in un mix di ingredienti a parer mio messi lì a caso. Ho visto pizze con pollo e formaggio cremoso; pizze con uovo, prosciutto, mais e mozzarella… insomma un vero e proprio disastro. In fondo, però, ero soddisfatto lo stesso: vederli sorridenti, uniti e gioiosi era il mio obbiettivo. E le pizze non erano neanche così male. E’ stato un successo!

Ottobre è stato anche il mese dell’orientamento post-arrivo. Nel weekend dal 21 al 23 ottobre, ad Açu (Assu), con gli exchange students di vari centri locali vicini, c’è stato questo incontro dove ognuno di noi ha fatto un resoconto di questi primi tre mesi qui in Brasile. Con l’aiuto di due volontari, Matheus e Mario, abbiamo svolto varie attività sugli stereotipi, sul rapporto con la nostra famiglia ed abbiamo riflettuto su una frase che credo da ora in poi mi accompagnerà per tutta la vita: ‘IS NOT RIGHT, IS NOT WRONG. IS JUST DIFFERENT.’ E’ proprio vero. Non è giusto, non è sbagliato, è semplicemente diverso. Intercultura mi sta insegnando a non giudicare e/o criticare dal mio punto di vista: infatti, qualcosa che per me può sembrare strano (ad esempio usi, costumi e tradizioni di altre culture), per altri è semplicemente normale.

Ho conosciuto persone stupende che mi hanno fatto passare un weekend praticamente sempre con il sorriso stampato in faccia. C’erano exchange da tutte le parti del mondo: Nuova Zelanda, Belgio, Argentina, USA, Ungheria. E’ stato incredibile riuscire ad instaurare un rapporto così forte con loro, nonostante li conoscessi da poco tempo: Kristel (Italia), Bobbie (Belgio), Joaquin (Argentina), Veronika (Ungheria), Nehir (Turchia), Beatriz (Canada), Petra (Ungheria).. tutti exchange students che a grandi linee stanno vivendo la mia stessa esperienza e che probabilmente possono comprendermi più di tutti gli altri. Porterò sempre nel cuore queste persone. Sono perfettamente consapevole che ogni mio report mensile diventa un romanzo, ma cerco di rendevi più partecipi possibile dell’esperienza strepitosa che sto vivendo.

Prima di concludere però, vi racconterò un po’ di uno dei più belli weekend qui in Brasile e forse della mia vita, passato negli ultimi giorni di Ottobre a Pipa, una località turistica sul mare. Con gli exchangers di Natal e altri centri locali e naturalmente volontari di AFS, ho passato tre giorni indimenticabili. Piccolo dettaglio: ho dormito 4 ore in due giorni, ma va bene così. Pipa è la classica località turistica dei sogni: vie strette piene di negozi, ristoranti stranieri e soprattutto bar, locali dove si poteva ballare e divertirsi fino a notte fonda. Il venerdì sera infatti,dopo aver cenato tutti insieme, siamo andati a ballare e tornati in hotel, ho approfittato di un momento in cui ero solo per ammirare l’alba e ripensare un po’ a tutto: la mancanza della famiglia, degli amici, le difficoltà ma soprattutto le gioie che quest’esperienza mi sta dando. Il Sabato mattina invece, abbiamo fatto un Tour visitando spiagge stupende, facendo passeggiate a cavallo e passando momenti in compagnia indimenticabili. Preferisco, invece, non entrare nei dettagli delle serate perchè quello fa parte dell’esperienza fino ad un certo punto, ma tranquilli che non si tratta di regole infrante! 😉

In conclusione, anche questo mese è stato pieno di giornate stupende passate con persone stupende! Il rapporto con la famiglia e i miei compagni di classe va sempre al meglio. Giorno dopo giorno mi sento sempre più brasiliano, soprattuto perchè la mia padronanza del portoghese sta crescendo! Anche con mio fratello le cose stanno migliorando, il tempo ci sta dando ragione. Riguardo la cucina brasiliana, anche sotto quel punto di vista va molto meglio, anche se i fagioli ancora non li mando giù. A scuola mi sto ambientando sempre di più e le spiegazioni dei professori stanno diventando man mano più chiare e comprensibili. Complessivamente ritengo la mia esperienza fantastica e il fatto che la stia vivendo al massimo, utilizzando anche un solo secondo libero per imparare cose nuove, mi rende ancor più orgoglioso.

Adesso vado, spero di non essermi dilungato troppo. Intercultura è questo: vivere al massimo ogni momento dell’esperienza!

Até logo!

Natal, 05/11/2016

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